Ipermetropia

L’ipermetropia è un difetto di rifrazione dell’occhio, che causa una visione sfocata degli oggetti più vicini. Può associarsi ad astigmatismo o presbiopia.
L’origine del suo nome, dal greco hypérmetropos, avrebbe a prima vista un significato virtuoso: vedere in modo eccessivo, quasi una sorta di superpotere dell’occhio. Ma vedere “troppo” significa in realtà sottoporre l’occhio stesso a stimoli costanti e usuranti. Ecco perché quando si parla di ipermetropia il suo significato è in parte ingannevole: si tratta a tutti gli effetti un’ametropia, ovvero un difetto di rifrazione oculare. Prima di capire come funziona l’occhio ipermetrope è utile comprendere il funzionamento di base dell’occhio umano.


L’occhio umano è un organo straordinario del corpo umano, che collabora con il cervello con l’obiettivo di costruire immagini: uno dei primissimi modi con cui impariamo a conoscere il mondo.
La dinamica della visione è talmente complessa che finora non è nemmeno stata interamente compresa nei particolari. I componenti essenziali di questa vera e propria fotocamera, con messa a fuoco automatica, sono:
  • Retina, la componente nervosa dell’occhio composta da ben dieci strati di cellule nervose. Fra queste vi sono i bastoncelli, responsabili della visione d’insieme e di quella in bianco e nero, e i coni, legati alla visione a colori. Tale area dell’occhio è anche nota come tonaca interna.
  • Tonaca media o uvea, distinta in: coroide, la lamina del bulbo oculare ricca di vasi sanguigni, che nutre la retina portandole ossigeno e altre sostanze; corpo ciliare, che produce l’umor acqueo ed è fondamentale per la messa a fuoco delle immagini grazie al muscolo ciliare; iride, la membrana che dona agli occhi di ciascuno di noi il loro peculiare colore; cristallino, la lente biconvessa e trasparente che adatta la propria forma e consente quindi di mettere a fuoco i raggi luminosi sulla retina.
  • Tonaca esterna, ovvero sclera (il cosiddetto “bianco” dell’occhio) e cornea, la membrana trasparente e convessa nella sua parte anteriore.
Insieme, cristallino e cornea compongono il diottro oculare, il sistema ottico che permette all’occhio di percepire qualsiasi oggetto dell’ambiente circostante. Ciò naturalmente in condizioni ottimali, che prevedono questo tipo di percorso: la luce che proviene dagli oggetti viene assorbita da camera anteriore e pupilla, si deposita sulla cornea e arriva alla retina. L’immagine così costruita giunge al cervello, per essere elaborata.

Ma la persona ipermetrope vede gli oggetti vicini più sfocati rispetto a quelli lontani: i raggi luminosi che dagli oggetti, sia vicini che lontani, arrivano agli occhi non vengono infatti messi correttamente a fuoco sulla retina, ma su un piano dietro la retina stessa.
Chi soffre di ipermetropia riesce però a mettere a fuoco ciò che è lontano, grazie all’accomodazione: attraverso il muscolo ciliare, il cristallino si contrae modificando la propria forma. Essendo un difetto di rifrazione, l’ipermetropia appartiene alla stessa categoria di miopia e astigmatismo.

Le tipologie di ipermetropia e la misurazione

Riprendendo il riferimento al diottro, l’ipermetropia viene misurata proprio in diottrie, l’unità di misura della convergenza di una lente. Ecco perché la diottria consente anche di identificare la probabile compensazione, se necessaria.
La classificazione utilizzata è la seguente:
  • Lieve: fino a 2 diottrie. In questo caso, è molto difficile rilevare il difetto.
  • Moderata: fino a 5 diottrie. In questa tipologia di disturbo, il meccanismo di accomodazione non è più in grado di compensare.
  • Elevata: superiore alle 5 diottrie. Caratterizzata da una visione particolarmente confusa a ogni distanza e da altri sintomi da sforzo, è una forma di ipermetropia grave.
La misurazione del difetto in diottrie restituisce valori positivi, dunque il numero corrispondente di diottrie è preceduto dal segno “più”.

Dal punto di vista funzionale, si parla di ipermetropia manifesta quando i suoi segni tipici sono visibili e si verifica dunque la necessità di una correzione, ma esiste una tipologia di questo difetto che può trarre in inganno il paziente.

Si parla infatti di ipermetropia latente quando il cristallino ha la capacità di auto compensare il vizio di rifrazione attraverso il meccanismo di accomodazione. Una condizione particolarmente degna di attenzione, in quanto diventa identificabile solo attraverso esami specifici.

L’ipermetropia è un’anomalia congenita, spesso presente fin dalla nascita e altrettanto spesso ereditaria. Le cause più comuni di questo difetto sono:
  • Struttura del bulbo oculare più corta del normale.
  • Curvatura della cornea inferiore rispetto allo standard.
  • Malformazione del cristallino.
  • Minore potere di rifrazione del cristallino.
Molto più raramente, può essere connessa all’afachia, cioè l’assenza del cristallino stesso.

Ipermetropia: i sintomi

Spesso, l’ipermetropia non provoca sintomi precisi fino ai 30-35 anni del paziente.
Inizia poi a presentarsi la caratteristica difficoltà nell’osservare gli oggetti più vicini, che resta il segnale più tipico: la persona ipermetrope si abitua a strizzare gli occhi per cercare di vedere più nitidamente, in un continuo sforzo accomodativo. Proprio questo costante tentativo di compensare il deficit e di vedere in modo limpido oggetti vicini e lontani, come sarebbe naturale, mette sotto stress il muscolo ciliare e determina quindi la possibilità di generare ulteriori manifestazioni.
I sintomi di ipermetropia possono quindi includere:
  • Affaticamento degli occhi durante la lettura, la scrittura o l’utilizzo di computer.
  • Bruciore oculare.
  • Lacrimazione più o meno decisa.
  • Ipersensibilità alla luce.
  • Dolore agli occhi, più raramente.
Particolare attenzione bisogna prestare all’ipermetropia con mal di testa: la cefalea può essere segnale di diversi disturbi, ma, se ricorre dopo aver sottoposto gli occhi a uno stress prolungato (lettura, studio, lavoro al computer), è assai probabile che sia legata alla mancata correzione del difetto visivo.

Molto spesso la persona ipermetrope è anche astigmatica. L’astigmatismo comporta in genere una curvatura irregolare della cornea, che si presenta di forma ovoidale: il meccanismo di rifrazione produce multipli punti focali e impedisce la messa a fuoco corretta, dando vita a immagini meno nitide del normale.
Ciò significa che, sia da lontano che da vicino, la visione risulta alterata.

La vista con ipermetropia e astigmatismo si fa difficile ad esempio nella lettura di libri e riviste, così come nell’utilizzo di smartphone e computer. La compresenza di questi due disturbi può emergere in età infantile così come in età adulta (soprattutto nelle persone che hanno superato i 50 anni d’età).

Nei pazienti caratterizzati da ipermetropia e astigmatismo può presentarsi con un poco di anticipo un altro disturbo visivo: la presbiopia.

Prima di tutto, è necessaria una distinzione: la presbiopia non è un’ametropia, ma un fenomeno fisiologico che implica la graduale incapacità dell’occhio di mettere a fuoco tutti gli oggetti più vicini.
Una condizione assolutamente naturale e legata soprattutto all’avanzare dell’età, dovuta all’irrigidimento del cristallino e alla sempre minore capacità di accomodazione.

Nella fase iniziale di sviluppo dell’ipermetropia, il cristallino e il muscolo ciliare riescono ad adattarsi al vizio rifrattivo contraendosi; quando non ne sono più in grado, la persona ipermetrope sperimenta sintomi molto simili a quelli dati dalla presbiopia. Ecco perché in età avanzata, quando lo sviluppo della presbiopia è più che comune, il paziente percepisce un immediato e repentino peggioramento della vista. È in questa fase che, non essendo l’occhio più in grado di compensare, si rende indispensabile una correzione del difetto.

La visita oculistica è lo strumento essenziale per identificare una visione ipermetrope, soprattutto se in famiglia sono già presenti casi di ipermetropia, strabismo e ambliopia (“occhio pigro”). Il medico procede a raccogliere i sintomi riferiti dal paziente, per poi procedere con uno o più dei seguenti esami diagnostici:
  • Test di acuità visiva con lettura della tabella optometrica.
  • Autorefrattometria, attraverso cui è possibile valutare la rifrazione e ottenere dati fondamentali per la prescrizione della correzione ottica ottimale. Per identificare la presenza di ipermetropia latente o manifesta, si instillano nell’occhio del paziente delle gocce cicloplegiche per far dilatare la pupilla e procedere nuovamente al test di acuità visiva: la procedura annulla l’azione compensatoria del cristallino, agevolando così l’identificazione del disturbo.
  • Esame della rifrazione soggettivo: il paziente collabora attivamente durante l’esame, che comporta l’applicazione di lenti di prova e la conseguente valutazione di un eventuale miglioramento della vista.
  • Topografia corneale o tomografia corneale per studiare le caratteristiche e la curvatura della cornea: particolarmente utile prima di un intervento per correggere l’ipermetropia.

La correzione dell’ipermetropia non presuppone un approccio valido per tutti i soggetti. Al contrario, le scelte del medico si basano sulla situazione specifica del paziente e sullo stato del disturbo, evidenziato dai sintomi e dai dati ottenuti tramite gli esami diagnostici.

Nel caso di pazienti in età infantile che presentano un’ipermetropia moderata e manifestano quindi segni come difficoltà nella lettura e nella concentrazione, il metodo correttivo più comune è l’applicazione di occhiali o lenti a contatto convergenti a potere diottrico positivo: il loro utilizzo consente ai raggi di luce di posarsi sulla retina e non dietro di essa.

Se però il bimbo soffre anche di strabismo o ambliopia, è necessario non limitarsi a creare la visione binoculare ottimale, ma ad esempio intervenire occludendo l’occhio “sano” per alcune ore al giorno, così da stimolare l’altro. Fino all’età in cui solitamente si manifestano i sintomi più tipici di ipermetropia, se l’esigenza di accomodazione diventa importante, gli occhiali e le lenti a contatto possono non essere sufficienti.

Può rendersi quindi molto utile un intervento di chirurgia refrattiva. Oggi, i benefici dati dall’utilizzo del laser per ipermetropia e altri difetti visivi sono più che noti, poiché il laser consente di vaporizzare il tessuto bersaglio in modo mirato, dunque senza alcun danno ai tessuti circostanti.

Si può affrontare l’ipermetropia con il laser attraverso diverse tecniche:
  • PRK (Cheratectomia fotorefrattiva), intervento di superficie molto indicato sui difetti più lievi;
  • Lasik per intervenire in profondità sui difetti più seri. In entrambi i casi, l’intervento per ipermetropia prevede la somministrazione di un’anestesia locale e un tempo di recupero post-operazione di una settimana.

Ulteriore metodica a disposizione, soprattutto per i pazienti in cui sono presenti ipermetropia e astigmatismo gravi, è l’inserimento permanente di una lente intraoculare (IOL): è sufficiente una piccolissima incisione nell’occhio e il posizionamento di una lente dalle dimensioni minime per restituire all’occhio la capacità di messa a fuoco.

In caso di compresenza di ipermetropia e presbiopia, il chirurgo dovrà correggere il primo difetto prima di intervenire sul secondo. Dal momento che la valutazione della migliore correzione dell’ipermetropia è sempre in capo allo specialista, bisogna sottolineare che non tutti i pazienti sono soggetti adatti a un intervento con laser, che richiede una certa stabilità del difetto e l’assenza di gravi disturbi ad altre componenti dell’occhio.

I pazienti più piccoli si trovano in una situazione peculiare: nei bambini l’ipermetropia è spesso presente e altrettanto spesso si risolve in autonomia entro i 10 anni, come parte del normale processo di sviluppo.
Ma se non adeguatamente trattata, può condurre a complicazioni quali strabismo e ambliopia: quest’ultima patologia comporta la diminuzione della capacità visiva dell’occhio e può essere adeguatamente affrontata solo entro i primi 6 anni di vita.

Ecco perché è indispensabile sottoporsi fin da piccoli a regolari visite specialistiche, soprattutto con familiarità di disturbi oculari, in modo da tenere sotto costante controllo la salute degli occhi e la loro evoluzione. Dopo i 40 anni d’età, è buona norma per un paziente seguire le indicazioni del medico oculista e sottoporsi alla visita almeno ogni 2 o 3 anni. Questo intervallo di tempo diventa naturalmente più breve con il passare del tempo: dopo i 55 anni, la visita deve svolgersi ogni anno o al massimo 2, tassativamente ogni anno dopo i 65. Se si manifestano segni particolari, la visita diventa assolutamente prioritaria.

Oltre al fondamentale ruolo della visita specialistica, si deve tenere conto di quelle patologie che possono impattare sulla qualità della vista, come ad esempio diabete o ipertensione. Il paziente non deve infine dimenticare il ruolo dello stile di vita, essenziale in quelli che sono i naturali cambiamenti del corpo, e delle azioni che contribuiscono a proteggere gli occhi:
  • Prediligere una dieta equilibrata, che eventualmente preveda l’integrazione di vitamina A e betacarotene.
  • Non trascurare l’idratazione.
  • Praticare una regolare attività fisica, anche minima.
  • Evitare fumo e bevande alcoliche.
  • Indossare occhiali appositi durante l’esposizione al sole.
  • Evitare l’esposizione al sole fra le ore 12 e le 16, per limitare l’azione dei raggi ultravioletti.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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