Polmonite interstiziale

La polmonite interstiziale è una forma particolarmente seria di polmonite infettiva

La polmonite interstiziale è una forma particolarmente seria di polmonite infettiva, che va a intaccare i polmoni nella loro parte più profonda. Nella sua forma acuta, è inoltre la conseguenza più seria dell’infezione da Coronavirus e in particolare da COVID-19, che può portare in pochi giorni a un’insufficienza respiratoria grave.

I sintomi più frequenti sono infatti dispnea (fame d’aria), tosse secca e innalzamento della temperatura corporea.  Esistono più di 200 patologie infiammatorie della zona interstiziale e tutte insieme vanno a costituire la quarta causa dello sviluppo di patologie polmonari croniche non ostruttive. Va poi tenuto in considerazione il dato che vede nella polmonite la prima causa di morte infettiva nei paesi occidentali. È quindi importante distinguere anche fra le varie categorie di malattie polmonari interstiziali per comprenderne natura, diagnosi e trattamento.

Tipologie di polmonite interstiziale idiopatica: acuta, desquamativa, non specifica e linfocitaria

Queste patologie sono legate a lesioni del tessuto connettivo che riveste gli alveoli polmonari. Se, ad esempio, immaginiamo i nostri polmoni come due strutture a forma d’albero, gli alveoli sono le parti terminali dei rami, subito dopo i bronchioli polmonari: alveoli e bronchioli insieme formano la base del sistema, cioè il lobulo polmonare.

La polmonite interstiziale acuta, detta anche Sindrome di Hamman-Rich, fa parte delle polmoniti interstiziali idiopatiche, ovvero quelle patologie che colpiscono l’interstizio polmonare e non hanno cause note, oltre a provocare sintomi simili e conseguenze analoghe sui polmoni.

Fra queste sono comprese:
  • polmonite da ipersensibilità, o alveolite allergica estrinseca: si tratta di una interstiziopatia che si può manifestare con fame d’aria e tosse secca in modo acuto e talvolta cronico. La causa di tale patologia è da ricercarsi nella esposizione acuta ad un determinato antigene che causa questo rapido decorso clinico
  • polmonite interstiziale desquamativa: si manifesta con tosse e respiro affannoso anche in assenza di sforzi particolari e colpisce soprattutto fumatori di sesso maschile fra i 30 e i 40 anni
  • polmonite interstiziale non specifica o aspecifica: interessa in maggioranza donne, non fumatori e le persone con meno di 50 anni.
  • polmonite interstiziale linfoide o linfocitaria, in cui negli alveoli polmonari si accumulano globuli bianchi maturi. Può colpire adulti di mezza età (54 anni in media) in genere affette da patologie autoimmuni, ma anche bambini, soprattutto quelli con infezione da HIV
Nell’ambito dell’infezione da Coronavirus, in particolare COVID-19, l’infiammazione in atto provoca un ispessimento interstiziale e gli alveoli non possono più espandersi completamente durante l'inspirazione.

Ecco perché può formarsi tessuto cicatriziale in sostituzione degli stessi alveoli, dando così luogo a una fibrosi interstiziale, un processo irreversibile caratterizzato dalla perdita della funzionalità polmonare. Come risultato finale, si va quindi incontro alla polmonite interstiziale acuta.

La polmonite interstiziale acuta è una patologia rara che può essere causata dall’azione di virus, batteri o funghi, o polveri pesanti che infettano l’interstizio polmonare.

Nel dettaglio, fra le cause della polmonite interstiziale acuta si trovano:
  • azione di virus e/o batteri;
  • esposizione all’amianto e alla polvere di silice;
  • esposizione a polveri di talco, carbone o altre di derivazione metallica;
  • esposizione a polvere di grano (più probabile quando si lavora nel settore agrario);
  • proteine derivanti da uccelli esotici e piccioni.
È inoltre da considerare che la polmonite interstiziale acuta si manifesta con maggiore frequenza nelle persone affette da malattie autoimmuni. In questi casi, il sistema immunitario è caratterizzato da una disfunzione che lo porta ad attaccare i tessuti del proprio organismo. Le cause di queste patologie non sono conosciute e i relativi sintomi variano a seconda delle parti dell’organismo che vanno a interessare.

In certi casi, una patologia autoimmune può derivare da:
  • alterazione di una normale sostanza organica, eventualmente in presenza di virus, farmaci, luce solare o radiazioni;
  • ingresso nell’organismo di una sostanza estranea simile a quella naturale, che viene attaccata per errore dal sistema immunitario. Un esempio raro ma concreto: dopo un’infezione da streptococco, causato da batteri con un antigene simile a quello delle cellule cardiache, il sistema immunitario attacca il cuore stesso;
  • funzionamento anomalo delle cellule che controllano la produzione di anticorpi e finiscono per produrne di patologici;
  • rilascio di una sostanza in genere confinata in una zona specifica del corpo e che quindi non viene riconosciuta dal sistema immunitario.

La principale difficoltà nell’affrontare la polmonite interstiziale è che molto spesso i sintomi che dovrebbero segnalarne la presenza non sono subito evidenti e di conseguenza è facile sottovalutarli.

Sono inoltre molto simili a quelli di altre patologie polmonari interstiziali e alla sindrome da distress respiratorio, cosa che li rende ulteriormente difficili da individuare e collocare correttamente.

I principali sintomi della polmonite interstiziale possono essere i seguenti:
  • Dispnea da sforzo, ovvero la difficoltà a respirare accompagnata dalla sensazione di avere un grave peso sul petto e dall’affanno. Questo sintomo si ha anche in presenza di stress di tipo psicofisico, dovuti a forte agitazione, ansia, attacchi di panico. È quindi necessario prima di tutto escludere altre cause prima di collegarla a una possibile polmonite interstiziale acuta attraverso l’esecuzione di una diagnostica di primo livello (radiologia, emogasanalisi);
  • Tosse secca, seguita nel corso di alcuni giorni da espettorazione delle secrezioni;
  • Alterazione della temperatura corporea (febbre);
  • Sensazione diffusa di spossatezza, come quella che si prova in seguito a uno sforzo eccessivo (astenia);
  • Dimagrimento;
  • Comparsa sulla pelle di chiazze e macchie di colore bluastro (cianosi);
  • Secchezza degli occhi o della bocca;
  • Dolore localizzato in uno o più muscoli (mialgia);
  • Dolore alle articolazioni (artrialgia);
  • Sclerodattilia, cioè un aumento della tensione della pelle nelle dita delle mani o dei piedi;
  • Fenomeno di Raynaud, legato alla sclerodattilia: le estremità del corpo, in genere mani o piedi ma occasionalmente anche naso e orecchie, diventano fredde, insensibili e cambiano colore. In particolare, si manifesta soprattutto pallore o cianosi e infine, rossore (eritema);
  • Reflusso gastroesofageo, ovvero risalita del contenuto dello stomaco nell'esofago, con conseguente bruciore dietro lo sterno o rigurgito acido.

Per ottenere una diagnosi di polmonite interstiziale, a prescindere che sia o meno acuta, si richiede l’esecuzione di una serie di esami di accertamento diagnostico. Una prima valutazione si effettua tramite Radiografia (RX) del torace, che con l’utilizzo di raggi X consente la distinzione fra ossa e parenchimi polmonari rispetto ai tessuti molli.

Si prosegue con la Tomografia Computerizzata (TC) ad alta risoluzione: questo tipo di procedura diagnostica permette di ottenere maggiori dettagli rispetto a una classica radiografia. Il computer analizza le immagini radiologiche e produce multiple proiezioni su piani diversi, come sezioni longitudinali e trasversali. La TC ad alta risoluzione è in particolare la procedura specializzata che può dare risposte più precise relativamente a patologie polmonari.

Attraverso i test di funzionalità polmonare come la spirometria semplice o globale, è invece possibile assistere a una riduzione estrema del volume d’aria contenuto nei polmoni e della capacità di espellere l’aria durante una manovra forzata. I livelli stessi di ossigeno e anidride carbonica nel sangue arterioso possono a loro volta essere misurati con l’emogasanalisi arteriosa, che permette anche di determinare l’acidità (pH) del sangue. In casi selezionati, si può procedere alla biopsia polmonare, che consente di stabilire con la massima precisione le caratteristiche della patologia. Si tratta di un esame piuttosto complesso che prevede il prelievo chirurgico e la successiva analisi di un piccolo campione di tessuto dai polmoni del paziente. Il materiale bioptico può essere ottenuto sia tramite metodiche quali la broncoscopia flessibile con biopsia polmonare e sia tramite biopsia polmonare “a cielo aperto” con un intervento chirurgico a tutti gli effetti, con le relative possibili complicanze ma ad alto tasso di specificità. Una volta analizzati i risultati, se ci si trova in presenza di un danno alveolare diffuso senza altre cause note di sindrome da distress respiratorio acuto, è possibile confermare una diagnosi di polmonite interstiziale acuta.

Generalmente, il trattamento delle polmoniti interstiziali acute dipende dalla entità clinica cui ci si trova di fronte. Generalmente il cortisone viene utilizzato con efficacia in alcune di esse come la polmonite da ipersensibilità ed anche la Sindrome di Hamman-Rich mentre per la fibrosi polmonare sono da poco disponibili trattamenti con antifibrotici.

Al momento, non esiste una cura vera e propria per la polmonite interstiziale acuta dovuta al COVID. Il trattamento attuale consiste nel solo supporto ventilatorio con ricovero in terapia intensiva, il reparto dedicato esclusivamente alle persone in gravi condizioni di salute. In questa unità, che conta sulla presenza costante di personale sanitario specializzato e di macchinari all’avanguardia, i trattamenti intensivi e il monitoraggio continuo hanno l’obiettivo di stabilizzare i parametri vitali e ristabilire il miglior equilibrio possibile fra i sistemi essenziali dell’organismo. 

In terapia intensiva si aiuta il paziente attraverso:
  • Ventilazione meccanica non invasiva, che somministra al soggetto l’ossigeno necessario con l’ausilio di maschere e caschi in modo non invasivo, in modo da evitare l’intubazione. Con questi dispositivi, si aiutano i pazienti che respirano spontaneamente, grazie a una ventilazione a supporto pressorio: un flusso costante di ossigeno viene erogato da una macchina in base alle personali esigenze del soggetto. La non invasività permette anche al paziente di poter sostituire maschere e caschi con occhialini nasali nei brevi momenti in cui deve alimentarsi o prendersi cura della propria igiene personale;
  • Ventilazione meccanica invasiva (intubazione), che utilizza gli stessi ventilatori del supporto polmonare della modalità non invasiva in un paziente sedato ed in cui è stato posizionato un tubo endo-tracheale da un rianimatore esperto;
  • Eventuale terapia corticosteroidea, che sfrutta per l’appunto i corticosteroidi, ormoni steroidei sintetizzati nella ghiandola surrenale. Questo tipo di trattamento, la cui efficacia non è ancora stata definita, agisce in modo soppressivo sulle difese del sistema immunitario: per questo viene scelta quando sono state già messe in atto tutte le alternative possibili senza risultati apprezzabili.
In ogni caso, se il soggetto riesce a superare la crisi iniziale, è possibile procedere con la riabilitazione polmonare, un programma di esercizi, formazione e interventi comportamentali specifici che ha l’obiettivo di migliorare le varie fasi della quotidianità e la qualità stessa della vita. Queste azioni permettono di ridurre la difficoltà a respirare, accrescere la tolleranza all’attività fisica e soprattutto aumentare il senso di benessere nel paziente.

In alcuni precisi casi, per incidere positivamente sulla qualità di vita, si può anche contemplare l’ipotesi di un trapianto: un’opzione che non tutti i pazienti possono permettersi, ma anche una terapia ormai affermata grazie ai tanti passi in avanti della ricerca medica. Ciò che lo rende definitivamente efficace sono comunque le cure postoperatorie, che rivestono un ruolo conservativo molto importante.

A causa della sua elevata complessità, la polmonite interstiziale porta a conseguenze differenti a seconda di ogni singolo caso: molto dipende anche dalla generale condizione del soggetto interessato, dalla sua età, dalla sua storia clinica.

Ad esempio, questa patologia può a sua volta indurre ulteriori complicazioni, come la polmonite interstiziale bilaterale, che va a interessare entrambi i polmoni del paziente: proprio per questo motivo si rende necessaria la ventilazione meccanica. Trattandosi di una patologia estremamente aggressiva, si rivela fatale nel 60% circa dei pazienti entro sei mesi dall’inizio della sua manifestazione. Nel caso il paziente superi l’episodio acuto iniziale, può riuscire a recuperare una funzionalità completa dei polmoni e tornare quindi alla propria vita normale in un lasso di tempo non troppo lungo.

Si deve però fare attenzione anche dopo la guarigione: la polmonite interstiziale rende l’organismo più delicato rispetto a prima. È quindi necessario non esporsi a situazioni a rischio di infezione, in quanto può verificarsi anche una recidiva. Allo stato attuale, inoltre, non vi sono elementi sufficienti per escludere un eventuale esito in fibrosi polmonare della polmonite interstiziale acuta con declino progressivo della funzionalità polmonare o con incapacità di ristabilire le riserve di aria che il paziente aveva prima dell’evento infettivo.

Anche i bambini, come abbiamo visto, possono essere colpiti da una tipologia di polmonite interstiziale idiopatica, in particolare la linfocitea. Ma l’arrivo di un nuovo Coronavirus, della stessa famiglia dei virus che provocano il raffreddore, ha reso più complessa la situazione.

In primis, va fatta una distinzione fra contagio e malattia: essere contagiati dal virus non significa per forza ammalarsi, ma anche i bambini, come gli adulti, possono essere a loro volta portatori anche asintomatici di COVID-19.

È stato osservato che i bambini hanno generalmente sintomi lievi e vengono più rapidamente dimessi, molto probabilmente grazie a un sistema immunitario giovane e reattivo. D’altro canto, l’ispessimento interstiziale (che viene definito nei bambini bronchite interstiziale dai radiologi) può avere origine anche da semplici infezioni. Nel caso di diagnostica in pazienti di minore età, non è prevista la TC: è quindi necessario eseguire un tampone per individuare correttamente la patologia.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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